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La Gioconda, in auto con Vittorio Sgarbi

La Gioconda, tutto quello che forse non sapevate sul dipinto di Leonardo da Vinci

Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. (Mark Twain).

Molte parole sono state scritte su La Gioconda, celebre opera di Leonardo da Vinci, ma ancora oggi su questo dipinto aleggia una sorta di mistero, mistero che si infittisce come un eterno ritorno ogni volta che viene nominata. Questa volta a citarla è stato l’imprevedibile Vittorio Sgarbi e, come molti immagineranno, laddove c’è Sgarbi qualcosa di non convenzionale accadrà.
L’eccentrico critico d’arte infatti ha recentemente postato sui suoi profili social un filmato che lo riprendeva alla guida di un’automobile mentre si dirigeva verso Parigi, con l’intento di riportare a casa la Monna Lisa. In realtà il gesto di Sgarbi non è stato altro che un’operazione di marketing per pubblicizzare una nuova auto. Il dileggio “vittoriano” ha tuttavia suscitato un tale scalpore tra gli appassionati di arte e tra tutti coloro che nutrono uno spirito patriottico che si potrebbe veramente cogliere la sua irriverente provocazione e proporre ai francesi uno scambio temporaneo tra la Monna Lisa e un altro celebre dipinto costudito in Italia.
Sì perché la Monna Lisa è indubbiamente un’opera dal fascino immortale, ma molte altre raggiungono la stessa vetta artistica. Basti pensare alla bellezza straripante di una Venere di Botticelli o al David di Michelangelo per citarne solo alcuni. A mio parere quindi, proporre uno scambio artistico potrebbe soddisfare entrambe le parti e, soprattutto, riaverla in Italia potrebbe servire ad acquietare l’opinione ingannevole che la Gioconda ci sia stata rubata. E’ sorprendente infatti scoprire come spesso la verità storica sia più fantasiosa della leggenda e ne vorrei lasciare una traccia, proprio parlando della Monna Lisa e delle sue vicissitudini nello scorrere del tempo.

La Gioconda: la storia

Il celebre dipinto di Leonardo da Vinci La Gioconda al Museo del LouvreNel 1517 Leonardo da Vinci lasciò l’Italia in seguito ad accuse di stregoneria, accettando l’offerta del Re di Francia Francesco I di stabilirsi nel castello di Cloux, presso Amboise, con l’incarico di “primo pittore, ingegnere e architetto del Re”. Da scritti dell’epoca si evince che l’eclettico artista portò con sé la Gioconda insieme ad altri dipinti, poiché quando partì l’opera non era ancora stata terminata. Incerto è se fu Leonardo in persona a vendere l’opera prima di morire nel ‘19 o se fu venduta da Gian Giacomo Caprotti, uno degli allievi di Leonardo.
E’ comunque indiscutibile il fatto che il re di Francia, abbia acquistato legittimamente il dipinto. Sfatare un mito è difficile se un’idea è radicata a priori, bisogna inoltre trascendere dalla mentalità contemporanea e calarsi in quella dell’epoca, poiché il mercato dell’arte allora era molto diverso da come si presenta oggi. Pittori e artisti come Leonardo lavoravano su commissione e venivano pagati proprio per le loro opere, sia in denaro che attraverso vitto e alloggio, per cui la vendita di un’opera come La Gioconda non era qualcosa di così singolare per l’epoca.

La Gioconda: il furto al Louvre

Continuando nelle peripezie quasi cavalleresche della Gioconda, non si può non narrare dell’italiano Arsenio Lupin che la rubò ai francesi.
E’ voce diffusa, ma anche una realtà giudiziaria che un decoratore italiano, Vincenzo Peruggia, il 21 Agosto del 1911 mise in atto il geniale furto della Gioconda. Geniale perché il Peruggia per un certo periodo lavorò al Louvre e conosceva bene la struttura del museo. Racconti dell’epoca narrano che il decoratore si creò un alibi perfetto per la notte prima del furto, facendosi denunciare per schiamazzi gratuiti, fingendosi ubriaco dopo una serata con amici. In realtà all’alba del 21 entrò nel Solon Carrè al III piano del Louvre e togliendo il dipinto dalla cornice, lo nascose nei vestiti e, senza destare alcun sospetto, ritornò a casa.
La polizia non sospettando del vero ladro, arrestò il poeta Guillaume Apollinaire, che aveva più volte manifestato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per dare spazio all’arte moderna e insieme a lui fermò anche Pablo Picasso, ma entrambi furono in breve rilasciati. Per due anni, fino al 1913 non si ebbero notizie del quadro, finché il senso patriottico del Peruggia si dissolse per lasciare spazio alla sua avidità umana. Il Lupin tricolore tentò infatti di vendere l’opera ad un mercante d’arte fiorentino, Alfredo Geri che senza pensarci lo denunciò e il Peruggia finì in carcere per un anno. La Monna Lisa terminò il suo vagare per l’Italia nel ‘13 e dopo essere stata esibita in vari musei nazionali ritornò nuovamente al Louvre.

La Gioconda: le disavventure continuano

Ma le disavventure non finirono, poiché l’enigmatica donna subì anche vari assalti nel corso dei secoli, sia da parte dell’umidità che da folli che tentarono di sfregiarla. Nel 1956, la parte inferiore del dipinto venne notevolmente danneggiata a seguito prima di un attacco con dell’acido, poi per un lancio di una pietra. Per questi motivi si trova oggi protetta da un vetro anti-proiettile e in condizioni di temperatura e di umidità regolate.
Questo tuffo nel rinascimento oltre ad essere un tentativo di restituire un ritratto più veritiero della Monna Lisa, è anche un’esortazione ad illuminare il pensiero andando oltre l’immediato di una notizia, di un racconto o di una provocazione di un critico d’arte. La comunicazione, in qualsiasi sua forma, ci persuade in modo suadente a credere in ciò che presenta, ma sta all’intelletto umano discernere tra ciò che è reale e ciò che è finzione.

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