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Psicologia & Alimentazione : luna di miele… con l’Anoressia

BENESSERE|PSICOLOGIA. A cura della Dott.ssa Claudia Ditano.

 

Nella nostra società è sempre più difficile, per una donna, armonizzare i propri bisogni ed il proprio benessere interiore con le richieste che provengono dall’esterno, che impongono modelli femminili competitivi ed autonomi, associati con caratteristiche quali la magrezza e l’autocontrollo. Risulta quindi facile capire come grande insoddisfazione per il proprio aspetto, bassa autostima, preoccupazione per il giudizio altrui e difficoltà relazionali fuori e dentro la famiglia, rappresentino terreni fertili su cui coltivare un disturbo alimentare come l’anoressia nervosa.

Ciò che fa precipitare le ragazze nell’anoressia, è, più di ogni altra cosa, l’illusione di poter spostare sul cibo il controllo che sentono di non avere sulla loro vita, sulle loro relazioni. Fortissimo è il bisogno di sentirsi più amabili, di non convivere più con la sensazione di non essere e non fare mai abbastanza e mai abbastanza bene, come una sorta di perfezionismo nevrotico, vissuto anche a livello fisico. Il proprio corpo diventa il problema, quindi si inizia una dieta con l’intenzione di modificarlo.

L’invidia delle amiche per i kg persi, i complimenti delle persone ed i rinforzi sociali in genere, alimentano l’autostima ed i risultati raggiunti ripagano la fatica provocata dal digiuno. Anche il corpo, innescando comportamenti biologici funzionali alla sopravvivenza, come l’aumento di produzione della serotonina (un neurotrasmettitore che seda le sensazioni di sofferenza e dolore), regala l’illusione di avere molta forza ed energia.

In questo periodo, definito luna di miele con l’anoressia, si vive la sensazione di aver trovato la cura ai propri problemi: ci si sente vincenti ed apprezzate, di conseguenza felici… ma a quale prezzo?

Solitamente, questo disturbo del comportamento alimentare rende la dieta ben presto sempre più restrittiva: aumentano depressione, fobia per il cibo, scomparsa del ciclo mestruale. Si arriva a pesare anche 35-40 kg ma, a causa di una dispercezione patologica, ci si vede grasse, rifiutando qualunque tipo di cura: dai ricostituenti prescritti dal medico di famiglia, al ricovero in una clinica specializzata, convinte di sapere da sole cosa sia meglio per la propria salute.

Cruciale risulta il ruolo della famiglia: laddove i familiari siano disposti a mettersi in discussione, comprendendo, con l’ausilio di specialisti, la vera natura della malattia e collaborando alla ri-educazione della ragazza, le possibilità di guarigione sono molto più alte.

Nel prossimo numero parleremo di bulimia nervosa, un altro grave disturbo alimentare.